Siamo entrati nel mondo di Mattia Ozbot, un mondo caotico, che viaggia ad alta velocità…per cercare di capire quali siano state le emozioni della sua prima OLIMPIADE, ma soprattutto se sia riuscito a fare almeno due giorni di ferie…scherzi a parte…

 

MATTIA vieni da un’estate molto intensa… com’è andata dal punto di vista professionale e umano?

 

Vengo probabilmente dall’estate più intensa che abbia mai vissuto a livello professionale. Sono stati tre mesi ricchi di esperienze che hanno dato una nuova consapevolezza alla mia carriera fotografica. Dagli Europei di atletica a quelli di calcio, queste esperienze mi hanno arricchito non solo professionalmente, ma soprattutto a livello umano.

Ho sempre detto che cambiare ambiente, situazione, sport e condizioni di lavoro mi stimolano e mi spingono a fissare nuovi obiettivi. Quest’estate è stata piena di sorprese: nessuno dei grandi eventi che ho coperto era pianificato, ma sono arrivati come piacevoli opportunità, frutto del duro lavoro e dell’impegno degli ultimi anni.

 

Le Olimpiadi per un fotografo sportivo sono forse il sogno più grande… Raccontaci Parigi.

Le Olimpiadi rappresentano l’apice per un fotografo sportivo. Erano il mio sogno, e forse ancora non sto realizzando di esserci stato. Fin dal primo giorno in cui ho iniziato a fotografare, le Olimpiadi erano il mio obiettivo principale. È stato un percorso di crescita, sia professionale che personale, costruito passo dopo passo fino a quel momento. Quando è arrivata la chiamata per coprire i Giochi Olimpici, è sembrato un intreccio del destino: una serie di coincidenze mi ha portato fino a Parigi.

La routine era frenetica. Ho coperto tutta l’atletica per World Athletics, e ogni giornata era scandita da un ritmo ben preciso. Sveglia alle 7:00, colazione e poi subito allo stadio. Arrivati lì, pianificavamo gli eventi da coprire, le posizioni, montavamo l’attrezzatura e ci preparavamo per le sessioni fotografiche. Eravamo un team di tre fotografi, e a turno uno di noi aveva la possibilità di stare in campo, una posizione privilegiata concessa solo a una dozzina di persone in tutta la competizione.

 

Le giornate erano divise in due sessioni: una al mattino e una alla sera. Nel tempo libero tra le sessioni, facevamo il backup delle foto, pranzavamo e ci prendevamo una breve pausa prima di riprendere. Durante le gare, inviavamo le foto in tempo reale all’editor direttamente dalla macchina fotografica, in modo che potesse ritagliarle, aggiungere i nomi e caricarle nel sistema. Finita l’ultima sessione, correvamo per prendere l’ultimo pullman verso l’hotel, ma il lavoro non era finito: dovevamo ancora fare il backup di tutte le foto della giornata e creare una gallery dei migliori scatti per i social di World Athletics.

 

 

Quale gara ti ha emozionato di più e perché?

Rispetto ai Mondiali di atletica dell’anno scorso, le Olimpiadi mi hanno emozionato un po’ meno, poiché ci sono state meno situazioni clamorose. Tuttavia, la gara più importante è stata sicuramente quella dei 100 metri. È la gara più attesa e anche la più difficile da scattare, soprattutto quest’anno, con gli atleti arrivati tutti a pochi centesimi di secondo l’uno dall’altro, rendendo incerto il risultato fino alla fine.

Ma la gara che mi ha emozionato di più è stata la finale maschile del salto con l’asta, dove Mondo Duplantis ha stabilito il record mondiale. Mondo ha tenuto tutti con il fiato sospeso fino all’ultimo tentativo, che ha portato al record: è stato senza dubbio il momento culminante delle Olimpiadi.

 

Come si sceglie la postazione ideale per una gara olimpica? Hai utilizzato delle camere remote?

Lavorando in team, le postazioni venivano decise in collaborazione con i colleghi. In alcuni casi, per ottenere la posizione migliore, sacrificavamo altre gare, cercando di arrivare presto per assicurarci un buon posto. In altre occasioni, invece, coprivamo più eventi possibili, a discapito della qualità delle postazioni.

Per alcune gare, avevamo la possibilità di installare fotocamere remote, e questo ci permetteva di avere punti di vista differenti. Ogni giorno pianificavamo in anticipo dove posizionarle, ma mi sarebbe piaciuto poterle installare anche in aree come la passerella, per avere prospettive ancora più particolari. Tuttavia, questo era concesso solo alle grandi agenzie internazionali.

 

Che attrezzatura hai utilizzato (camere, lenti)?

Per quanto riguarda le lenti, utilizzavamo un’ottica fish-eye da 8 mm fino al 600 mm con moltiplicatore, che arrivava fino a 840 mm. Le lenti che ho usato di più sono state il 70-200 mm e il 400 mm, insieme a un grandangolo. All’interno dello stadio non era possibile muoversi con zaini o trolley, quindi dovevamo organizzarci portando solo l’essenziale, come un piccolo marsupio con qualche obiettivo. La scelta dell’attrezzatura dipendeva dal programma della sessione e dalla posizione in cui ci trovavamo.

 

 

C’è un collega che ti ha colpito particolarmente durante le Olimpiadi?

Le Olimpiadi sono un punto d’incontro per i migliori professionisti del mondo. Sono sempre stato un grande osservatore, e oltre a concentrarmi sul mio lavoro, cerco di imparare dagli altri professionisti. Tra tutti, mi ha colpito il fotografo tedesco Kai Pfaffenbach, famoso per aver vinto il World Press Photo con l’immagine di Usain Bolt che sorride mentre vince l’oro olimpico. Kai ha una grande inventiva ed era sempre nel posto giusto al momento giusto. È davvero impressionante.

 

Il prossimo obiettivo di Mattia?

I prossimi obiettivi sono molteplici. Sicuramente continuare a seguire il percorso olimpico, ma oltre a questo, ho in mente un percorso di crescita visiva e progettuale. Sono una persona dinamica, sempre alla ricerca di nuovi stimoli. Ho molti progetti a lungo termine in mente, che condividerò pian piano, quando prenderanno forma.

Dove vuoi arrivare?

Come ho già detto in altre occasioni, il mio sogno è quello di entrare a far parte dello staff di una grande agenzia fotografica internazionale. Lavorare come staff ti dà l’opportunità di coprire eventi che un freelance non può gestire, soprattutto per la struttura e le attrezzature che un’agenzia può offrire. Questo tipo di lavoro ti permette di avere una base di serenità mentale, liberando la mente per concentrarsi solo sulla fotografia.

Photos by Mattia Ozbot for World Athletics at Olympics in Paris 2024

mattiaozbot.com / mattia_ozbot_photography